Gli utenti dei principali servizi di car-sharing nelle metropoli italiane lo sanno bene: a poco serve garantire un numero elevato di vetture, app di ultima generazione e prezzi convenienti, quando il servizio di noleggio di autoveicoli free-floating di fatto opera solo in una parte – quella centrale – della città, tagliando fuori i residenti delle periferie, impossibilitati ad usufruirne perché al di fuori dell’area di copertura. Sono ancora vivi, in questo senso, gli echi della polemica che nel 2015 ha accompagnato la ‘rimodulazione’ del servizio dell’operatore tedesco Car2go a Roma, portando all’esclusione dal servizio di significativi bacini residenziali, ironicamente proprio quelli meno beneficiati dal servizio di trasporto pubblico. E di esempi ce ne sono, purtroppo, molti altri.
Le cose però apparentemente sono sul punto di cambiare, e i giganti del settore sembrano aver finalmente compreso la necessità di offrire soluzioni per una mobilità non solo alternativa, ma anche più inclusiva. Forse in Italia bisognerà aspettare ancora un po’, ma nel frattempo oltreoceano le cose si stanno muovendo in questo senso, considerando quanto annunciato dalla Ford all’inizio di questo mese.
Il gigante del settore automobilistico americano ha infatti reso noto che, dopo Detroit, Pittsburgh e Miami, nel corso del primo trimestre del 2019 avrà inizio la sperimentazione del suo nuovo servizio di taxi a guida autonoma per le strade di Washington D.C., il cui lancio è previsto per il 2021. E fin qui, tutto sommato, niente di così rivoluzionario, considerando che anche Waymo (Arizona), Addison Lee (Londra), Yandex (Russia) e altri operatori sono da tempo impegnati in una corsa contro il tempo per perfezionare sistemi di veicoli a guida autonoma pensati espressamente per il trasporto pubblico.
Quel che differenzia però il progetto pilota della Ford, realizzato attraverso la propria start-up Argo AI, è il suo approccio inclusivo dal punto di vista geografico e sociale. In merito al primo aspetto, Ford ha infatti deciso, a seguito di un accordo fortemente voluto anche dal sindaco di Washington Muriel Bowser, di far operare i suoi veicoli in tutti e otto i quartieri di Washington (‘wards’ in inglese), nel tentativo di raggiungere da subito il maggior numero di potenziali utenti, in attesa di del lancio ufficiale del suo servizio di autoguida. Ford ha inoltre in programma di creare all’interno di ciascun distretto dei terminal per la propria flotta di veicoli autonomi, che fungeranno da base di partenza per le auto quando non sono in giro per le strade, oltre che come centro di elaborazione e trasferimento dati e per la manutenzione dei sensori.
Il progetto, tuttavia, si prefigge un obiettivo di più ampio respiro, partendo dal presupposto che una mobilità ‘equa e solidale’ può rappresentare un significativo volano di sviluppo per l’intera comunità. Per questo motivo, oltre all’implementazione del servizio in sé, una volta conclusa la mappatura delle aree interessate Ford ha in cantiere anche investimenti finalizzati alla formazione dei residenti interessati, che avranno così la possibilità di seguire corsi ed acquisire competenze tecniche direttamente legate alla manutenzione dei veicoli a guida autonoma, in vista di un futuro impiego in un settore che lascia presagire un forte trend di crescita nei prossimi anni.
“Che si tratti di offrire un sistema di trasporto per andare al lavoro in aree dove in precedenza non esistevano mezzi, o di favorire l’apertura di attività in grado di generare un indotto a livello locale, la nostra intenzione è comunque quella di aiutare i residenti di queste aree”, ha dichiarato infatti Sherif Marakby, presidente e CEO del dipartimento per i veicoli a guida autonoma della Ford, aggiungendo che ‘i veicoli a guida autonoma non solo devono essere sicuri e affidabili, ma anche in armonia con il contesto produttivo locale, con i residenti e con le città in cui operano, interagendo con un ecosistema che a sua volta ne supporta il funzionamento e la manutenzione’.
a cura di Andrea S. Barcellona